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DAL CAMPO ALLA SCRIVANIA

Venditti
Giovanbattista Venditti oggi è il team manager dell'Italia, ma nel 2012 e nel 2015 era tra i marcatori nelle ultime due vittorie contro la Scozia.

Dei tredici successi ottenuti nel torneo Sei Nazioni, sette sono quelli contro la Scozia, la nazionale più battuta dagli Azzurri durante la kermesse, ma diversi sono anche gli anni passati dall'ultima affermazione: nove per la precisione.

Era il 28 febbraio 2015 e a Murrayfield i padroni di casa conducevano per 16-8, grazie soprattutto ad una meta di intercetto di Mark Bennett. Nel finale di primo tempo, Kelly Haimona si presenta dalla piazzola per provare ad accorciare il divario. Il suo calcio sbatte contro il palo, ma viene recuperato da "Giamba" Venditti, che schiaccia in meta portando le squadre al riposo sul 16-15, con un gesto tecnico che diventerà un po' un suo marchio di fabbrica.

"Parlare ora di una meta dopo un palo, considerato quanto successo con la Francia, brucia ancora un po' di più - commenta l'ex ala di Aironi, Zebre e Newcastle -. Ero già in nazionale da qualche anno e Murrayfield perciò faceva un po' meno paura. Stavamo facendo una grande partita in difesa, poi sicuramente farà sorridere i tifosi e gli addetti ai lavori il fatto di quelle mete segnate dopo il palo, ma quelle sono andate bene, penso di avere centinaia di tentativi di corsa andati a vuoto, dato che praticamente ci provavo sempre sia in nazionale che con i club sui calci di punizione. Fortunatamente eravamo una squadra esperta e ben rodata, che stava andando verso la Coppa del Mondo, ed eravamo riusciti a rimettere in piedi la partita anche dopo la loro meta d'intercetto".

Nella ripresa, un calcio di Laidlaw sembrava poter sancire un nuovo successo britannico e invece nel finale la meta tecnica che decreterà il sorpasso e farà esplodere di gioia tutta la nazionale italiana e i tanti tifosi accorsi ad Edimburgo.

Quella sarebbe rimasta per ben sette anni l'ultima vittoria azzurra al Sei Nazioni, prima dell'exploit di Edoardo Padovani al Principality Stadium di Cardiff il 19 marzo 2022, nato dal colpo di genio di Ange Capuozzo per garantire l'affermazione esterna sul Galles.

"Rimane una grande pagina per il nostro rugby e fortunatamente non più l'ultima vittoria al Sei Nazioni, anche se sono passati tanti anni. E adesso speriamo di poter tornare a sorridere di nuovo".

A stagioni alterne o quasi, l'Italia era, però, in grado di battagliare contro il XV del cardo, togliendosi più di qualche soddisfazione. Nel 2000, alla prima apparizione nel torneo, era subito arrivata la vittoria al Flaminio, imitata nel 2004. Poi nel 2007 lo storico primo successo esterno a Murrayfield con un'incredibile partenza e le tre mete marcate da Mauro Bergamasco, Andrea Scanavacca e Kaine Robertson. Nel 2008 il drop di Andrea Marcato nel finale e poi ancora nel 2010 e infine nel 2012.

"La Scozia sta facendo negli ultimi anni un ottimo percorso, che parte da lontano ed è iniziato con i club. Se riguardo indietro, al 2010 quando abbiamo iniziato a prendere parte alla Celtic League, Edimburgo e Glasgow allora erano le squadre da battere per noi, mentre oggi la prima si è rinforzata moltissimo e la seconda nel frattempo è riuscita a vincere un titolo e oggi rappresenta una delle eccellenze del torneo. Sono stati bravi ad allineare il più possibile franchigie e nazionale, che è un po' quello che cerchiamo di fare anche noi, visto che il buon momento della nostra nazionale è il riflesso del lavoro positivo che viene svolto a Parma e Treviso. Poi senza dubbio la Scozia può sfruttare delle ottime individualità che le consentono di fare grandi partite e magari, sempre un po' come noi, avendo soltanto due squadre ad alto livello, soffre come profondità di scelta, rischiando di restare scoperti in certi ruoli. Però, come detto, stanno facendo un grande lavoro e non sono più una sorpresa già da diversi anni, tant'è che all'ultima Coppa del Mondo mi aspettavo potessero fare una sorpresa all'Irlanda o al Sudafrica, il che la dice lunga sul livello di rispetto nei loro confronti".

Quello del 17 marzo 2012 rimane, pertanto, l'ultimo momento di gloria contro gli highlanders su suolo amico nella manifestazione. Partita equilibrata, molto spigolosa e poco spettacolare. Si va al riposo sul 3-3 e appena iniziata la ripresa a rompere due placcaggi e volare in meta è di nuovo Venditti, con un inedito look "a zero" post matricola d'esordio. Seguiranno i punti al piede di Mirco Bergamasco e un drop di Kris Burton per chiudere la sfida 13-6.

"Era il mio primo Sei Nazioni e appena la seconda sfida in casa, ero riuscito alla prima presenza casalinga anche a segnare, ma il sogno di battere l'Inghilterra si era spento sotto la neve. Però avevamo fatto delle partite convincenti, pure nelle trasferte con Irlanda, Francia e Galles e quindi c'era grande attesa per quella contro la Scozia. Il primo tempo era stato molto equilibrato e negli spogliatoi ci siamo detti che avevamo quaranta minuti per mettere le cose sui binari giusti. Appena partiti nel secondo tempo, siamo andati subito all'attacco, con una lunghissima sequenza e con tanto lavoro e alla fine ho avuto fortuna di avere il pallone in mano. Ricordo la lunghissima corsa verso il centro dei pali, di cui mi son goduto ogni passo".

L'esordio in azzurro contro la Francia il 4 febbraio 2012 e poi 44 caps totali fino al 2017 - ultima apparizione contro l'Australia - e oggi il nuovo ruolo come manager della squadra.

"Mi piace molto perché mi consente di provare ancora le sensazioni del campo, di quando giocavo, dall'essere in raduno alle trasferte, passando per lo spogliatoio, gli sguardi e tutto il contorno. Condividendo così tante emozioni, le sensazioni chiaramente rimangono le stesse. Anzi, essendoci dietro anche tutto il lavoro, per così dire, di scrivania durante la settimana per mettere i ragazzi nelle migliori condizioni quando giocano, penso forse di sentire persino di più le partite adesso rispetto a quando ero dall'altra parte. Il lavoro tiene impegnata la testa ventiquattro ore su ventiquattro, ma sono veramente felice perché credo che i miei sforzi e quelli di tutto lo staff stiano dando un qualcosa in più a questi ragazzi per poter performare al meglio. Ognuno fa la sua piccola parte per provare a determinare il risultato delle partite. Il gruppo è giovane, ma ha già raggiunto grandi livelli di maturità. E' un ciclo iniziato dopo la Coppa del Mondo in Giappone e in pochi anni ha avuto modo di portare avanti un percorso e ancora parliamo di ragazzi che devono arrivare a pieno compimento, data l'età, e che quindi possono avere molto potenziale e raggiungere il massimo della forma e dell'equilibrio. Sono ragazzi che stanno diventando uomini e abbiamo la fortuna di averli sotto mano per i prossimi anni e penso che questa squadra potrà davvero togliersi delle belle soddisfazioni".

La palla ovale continua intanto il suo processo di evoluzione e l'Italia in questo non fa eccezione.

"Il rugby e i giocatori sono cambiati molto rispetto a quando ero in campo io, non lo dico in positivo o negativo, ma sappiamo che è uno sport che va un po' a fasi che sono poco prevedibili ma si modificano di continuo. Ci sono stati momenti in cui si calciava molto, poi altri in cui si cercavano ali e trequarti con super fisici, oggi sono invece ad esempio molto rapidi. La bellezza di questa squadra è che è in grado di adattarsi molto velocemente. Vedo partita dopo partita che le richieste degli allenatori si alzano sempre un po' di più e i giocatori rispondono sempre presente e cercano di alzare l'asticella. Per uno staff tecnico è stupendo avere la possibilità di avere un gruppo così malleabile in qualche modo. Sono comunque, come detto, ragazzi molto maturi per la loro età".

C'è un giocatore in cui l'ex trequarti di nascita aquilana classe 1990, oggi si rivede?

"In realtà a volte mi fa pensare il fatto che ci siano ancora in campo dei giocatori con cui facevo un po' delle sfide nelle sfide sia con l'Italia che a livello di club. Se penso alla nostra squadra, tra i trequarti ci sono ragazzi imponenti, come Federico Mori o Tommaso Menoncello, che stanno dando tantissimo in termini di fisicità, ma anche di voglia di giocare e sono super determinati. E' un aspetto positivo perché spesso capita che nei ragazzi con mezzi fisici sviluppati si cerchi poi di inculcare altre caratteristiche, mentre loro non hanno perso questa capacità innata nell'impatto".

Dall'altra parte, parlando di fisici, c'è un certo Duhan van der Merwe, miglior marcatore di mete dell'edizione 2024. Come si può provare a fermarlo?

"Sarà sicuramente una bella sfida per chi se lo troverà davanti. Noi abbiamo la fortuna di avere ottime qualità tecniche dal punto di vista offensivo, per cui se la miglior difesa è l'attacco, noi dovremo cercare di avere il più possibile la palla in mano, in modo di dare meno occasioni a van der Merwe di attivarsi e soprattutto a Finn Russell di andarlo a cercare. E poi dobbiamo essere molto precisi. La difesa non è mai solo uno contro uno, quello significa che non abbiamo gli uomini nelle posizioni giuste, pertanto più saremo concentrati più avremo una corretta sistemazione e riusciremo a limitare le loro grandi individualità. Contro la Francia siamo riusciti a farlo bene, soprattutto nel primo tempo, dove i ragazzi hanno mostrato una difesa da manuale, sfiorando quasi la perfezione e concedendo una meta assegnata dal TMO. Perciò è un qualcosa che sappiamo fare".

Parlando appunto del pareggio con i transalpini, come è uscito il gruppo azzurro dall'ultima trasferta a Lille?

"I ragazzi credo possano essere soddisfatti del lavoro fatto, visto che le premesse erano altre, almeno per le persone che sono al di fuori di questo gruppo, perché noi dentro sappiamo quali sono i nostri obiettivi e come vogliamo scendere in campo. Non sempre questo arriva all'esterno e magari capisco che possa sembrare difficile agli occhi di chi non vive la nostra quotidianità, però davvero sono stati incredibili in una partita dai diversi aspetti in cui siamo poi stati bravi a riportarci sotto e quasi andare vicini al successo. Siamo veramente orgogliosi di quanto fatto e ora dobbiamo provare a continuare su questa strada. Negli scorsi anni, abbiamo peccato un po' di consistenza nelle prestazioni, ma la maturità arriva anche da momenti come questi e dal riuscire a rifare grandi prove una dopo l'altra".

Al giro di boa del torneo si iniziano a delineare i primi bilanci.

"Togliendo l'Irlanda, vedo molto vicine le altre cinque squadre. Si è visto contro la Francia ma anche già alla prima contro l'Inghilterra e poi nelle altre partite. Punteggi e gioco sono molto vicini. All'esordio, forse, noi siamo stati un po' timidi perché abbiamo cambiato tecnico e non è facile assimilare un nuovo modo di giocare in così poco tempo. I club passano intere estati nel farlo e noi abbiamo dovuto condensare in pochi giorni il lavoro di mesi. In questo sono stati bravi gli allenatori ad adattare il tutto e i giocatori ad assorbire come spugne e ad essere subito volenterosi nel mettere in pratica quanto studiato. L'Irlanda per ora fa un campionato a parte e in tre anni ha sbagliato appena una difesa da touche nei quarti di finale di Coppa del Mondo contro la Nuova Zelanda. Prima dicevamo del sistema scozzese, l'Irlanda lo ha messo in atto ancor prima e ora sta eseguendo persino meglio, allineando tutto il loro mondo, dalla federazione alla nazionale, il seven, le franchigie. Nel loro caso non si può nemmeno parlare di fortuna nel trovare talenti, perché ormai hanno qualcosa di più di una generazione e sono anni che cambiano di continuo, perché lavorano duramente per individuare i migliori talenti e portarli poi a compiersi".

Infine, cosa rappresenta da giocatore e dirigente, il torneo Sei Nazioni per Giovanbattista Venditti?

"Il Sei Nazioni è un'eccellenza incredibile, basti pensare all'attenzione che ha sempre avuto nei Paesi anglosassoni, ma anche in Francia e ora fortunatamente sta iniziando ad avere pure in Italia e a tutto quello che desta in questi mesi, come quanto si preparano i giocatori per poter essere al top della condizione e trovare spazio in queste partite. E' un torneo favoloso e credo che, ora che l'Italia sta arrivando ad offrire prestazioni di alto livello, lo sia ancora di più perché ogni partita può finire in qualsiasi modo e diventa spettacolare per quello che si vede in campo, ma anche per imprevedibilità e grande intensità fisica. Per cui, penso sia una manifestazione destinata a crescere di continuo e a raccogliere sempre più interesse".