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SERGIO PARISSE, RAGIONE E SENTIMENTO

Sergio Parisse ok
Lasciato il rugby giocato, ora l'ex capitano azzurro allena la touche di Tolone. Nessuno meglio di lui, dopo una vita trascorsa sui campi di Francia, per analizzare la prossima sfida e il momento al Sei Nazioni dell'Italia.

La sua nuova vita è iniziata in estate, dopo il ritiro con l'ennesimo trofeo - la Challenge Cup vinta contro i Glasgow Warriors - conquistato con la maglia rouge et noir, dopo gli anni trascorsi a Parigi con lo Stade e gli inizi italiani a Treviso.

"Sono giornate intense, con tanto lavoro, ma mi piace molto e sono davvero soddisfatto - racconta l'ex capitano dell'Italia -. Si scoprono continuamente nuovi aspetti. Quando giochi la visione che hai è diversa e forse un po' limitata, mentre ora sto vivendo dall'interno tante situazioni che non immaginavo così, come le ore di lavoro e di programmazione. Da giocatore è forse più semplice, mentre da allenatore devi valutare un milione di cose".

Domenica 25 l'Italia sarà a Lille, contro la Francia, i due Paesi che rugbisticamente hanno segnato la parte preponderante della sua storia personale.

"Non ci sarò perché giochiamo sabato a Pau con Tolone e poi domenica andrò a Londra per seguire la partita con ITV. Ho lavorato con loro durante l'ultima Coppa del mondo ed è una cosa che mi piace fare. Inoltre ho ritrovato molti ex giocatori che ho affrontato da avversario, come Brian O'Driscoll, Jonny Wilkinson, Jamie Roberts, Sam Warburton, Rory Best, che così ho imparato a conoscere meglio fuori dal campo".

L'Italia è innegabile arriverà alla terza giornata con una squadra ancora in costruzione che ha fatto bene contro l'Inghilterra, ma poi non è di fatto mai stata in partita contro l'Irlanda.

"Credo che ora l'Italia, per come è andata con l'Irlanda, non debba pensare alla partita che farà la Francia, alle difficoltà che incontrerà, ma a quello che potranno fare e a ciò che potranno controllare. Ho sentito le dichiarazioni dopo la partita di Dublino e tutti sono stati concordi nel dire che ci sono stati tanti punti dove bisogna migliorare, in primis nella conquista e nel possesso, dato che le touche sono state imprecise e la mischia ha sofferto a volte. Va sempre detto che giocavano contro quella che forse è al momento la squadra o una delle squadre più forti al mondo ed era facile prevedere una partita molto difficile. Poi al di là del risultato, va ripensata la performance che non è stata all'altezza, ma credo che i ragazzi siano i primi ad esserne consapevoli e che avranno pertanto voglia di riscatto e di far vedere la vera faccia dell'Italia".

La stessa Francia, tuttavia, non arriva al meglio a questo incontro. La vittoria con la Scozia non è stata brillante e dopo la sconfitta alla prima a Marsiglia sono arrivate subito molte critiche sulla gestione di Fabien Galthié. Senza contare che la squadra sembra avere ancora qualche scoria della recente kermesse iridata in casa con l'uscita inattesa e bruciante ai quarti di finale.

"E' un po' un classico, però, del rugby francese: quando si vince va tutto bene, quando le cose non girano allora si inizia subito a criticare l'allenatore e lo staff. Bisogna pensare che è il primo torneo senza un giocatore carismatico come Dupont, capitano e forse migliore al mondo oltre che uno in grado di fare la differenza. Giocare subito contro l'Irlanda non è stato semplice e sono andati in difficoltà, ulteriormente aumentata dal cartellino rosso e dall'essere rimasti con un uomo in meno. Fa parte del gioco che dopo una partita negativa e con alle spalle una Coppa del mondo deludente, ci sia un po' di pressione sullo staff tecnico, che poi per molte componenti è pure nuovo. A Galthié è stata, comunque, data fiducia fino al prossimo Mondiale e avrà bisogno di tempo per trovare i giusti meccanismi".

Domenica mancherà uno dei protagonisti principali, specialista nel ruolo che fu della leggenda azzurra Sergio Parisse, il n. 8 francese Grégory Aldritt, uscito per infortunio nel match con la Scozia a Murrayfield e Oltralpe si sta scatenando il toto-nomi per chi lo dovrà sostituire.

"Aldritt ha dimostrato grande consistenza, che ritengo sia il marchio di fabbrica dei grandi campioni. Non sarà forse un giocatore troppo appariscente o spettacolare, ma uno che il suo lo fa sempre, un gran lavoratore e poi se è stato scelto come capitano, per subentrare ad uno come Dupont, significa che senz'altro ha una forte leadership e un certo peso all'interno dello spogliatoio. Tra le alternative potrebbe esserci Charles Ollivon, che conosco molto bene avendoci giocato e allenandolo ora a Tolone. E' subentrato come capitano ad Edimburgo, ruolo che poi aveva già ricoperto in passato, e sa giocare come numero 8. Forse più di Cros che non è un vero specialista come terza centro, terrei in considerazione anche Alexandre Roumat di Tolosa, che è stato utilizzato come seconda linea ma che con lo Stade gioca numero 8 ed è tra i migliori del Top 14, oltre ad essere molto bravo in touche. E poi mi piacerebbe pensare ad Esteban Abadie, altro ragazzo di Tolone che conosco bene e che potrebbe giocarsi le sue chance".

Dall'altra parte, invece, l'Italia si ritroverà ancora senza due terze linee titolari come Sebastian Negri e Lorenzo Cannone e potrebbe riproporre Michele Lamaro a numero 8, un capitano subentrato allo stesso Parisse con i gradi in nazionale.

"Non conoscendolo bene e non avendo fatto parte di questo gruppo, non mi sembra giusto commentare sulla sua leadership, non posso parlare del suo carisma, ma tutti me l'hanno descritto come un ottimo giocatore e un bravo ragazzo e vedo che è uno che si impegna, che dà sempre il massimo e prova continuamente a stimolare i compagni. In generale la terza linea italiana è un reparto di buon livello e vedremo che scelte effettuerà Quesada. Gli infortuni possono anche aprire delle opportunità a nuovi ragazzi interessanti".

In effetti quello di chiusura della mischia sembra, ad oggi, il miglior reparto dell'Italia. Ti sarebbe piaciuto giocare in questa terza linea?

"L'Italia è messa bene in terza e c'è buona concorrenza, ma va sempre considerato che sono ragazzi giovani e che ancora hanno molto da dimostrare. Non mi piace fare dei paragoni, ma io ho avuto la possibilità di giocare con tanti nel reparto e se penso a ragazzi come Mauro Bergamasco e Alessandro Zanni, sono giocatori che hanno fatto più di cento presenze in nazionale. Ora ci sono buoni giocatori, di qualità, ma con tanta strada ancora davanti. Nell'analisi e nell'approccio bisogna pure stare attenti a non esaltarli troppo, un aspetto questo che è tipico degli italiani, ma mi verrebbe da dire proprio dei latini in generale. Ci vuole continuità e costanza e, tolto magari Sebastian Negri che ha più esperienza, molto è da costruire, e auguro loro di poter giocare a questi livelli per altri dieci, dodici anni vista la giovane età. Oggi c'è forse più scelta e molte potenzialità, ma bisogna dimostrare il valore nel riuscire ad imporsi anche contro le altre terze linee. Pensiamo proprio a quelle dell'Irlanda, i vari Doris, van der Flier ecc., sono efficaci e consistenti sempre. Diamo loro il tempo di poter dimostrare di essere di livello con le prestazioni".

Quello con la Francia, per Sergio Parisse, 142 caps internazionali con l'Italia ma una carriera di club vissuta molto nel Top 14, è una sorta di derby.

"E' sempre una sfida particolare per me, certo. Ho preso troppo spesso degli schiaffoni dalla Francia, ma per fortuna sono anche riuscito a togliermi qualche soddisfazione, come le vittorie nel 2011 e 2013. Sempre partite intense e belle, avevamo rischiato di vincere a Parigi, abbiamo perso di poco e io avevo provato un drop all'ultimo. In Francia per questo match si avverte sempre tanta competizione e passione, c'è una storia ricca e anche per loro è una partita diversa dalle altre. Si approcciano al rugby con la consapevolezza di essere forti, ma ogni tanto è stato bello ritrovarsi in spogliatoio dopo una vittoria e farla un po' pesare".

C'è un'ampia conoscenza, nelle comuni origini argentine, ma anche nell'averlo avuto come tecnico allo Stade Francais, con il nuovo capo allenatore italiano, Gonzalo Quesada, che in fase di presentazione aveva proprio indicato in Parisse uno dei consiglieri personali dietro la scelta di accettare la panchina azzurra.

"Lo conosco bene. Con lui sono stato allo Stade, poi ha avuto altre esperienze che lo hanno fatto evolvere come allenatore. E' una persona estremamente seria e professionale. con grande volontà di mettersi a disposizione ed in gioco. Ora naturalmente è appena arrivato, ma piano piano cercherà di conoscere la realtà della federazione, lo staff, i giocatori. Con lui ho visto alcune partite della Coppa del mondo e già allora parlava italiano, un aspetto che magari potrà sembrare secondario, ma che io invece reputo molto importante come dimostrazione di riconoscimento e del rispetto che ha nei confronti della nazionale. Il suo gioco si adatta bene alla nuova strada intrapresa dall'Italia che ha oggi trequarti di grande valore come Menoncello, Brex, Garbisi, Ioane che consentono un rugby arioso e si basa quindi meno sugli avanti rispetto al passato. Penso che Gonzalo stia iniziando a lavorare su alcuni aspetti tattici che già si stanno vedendo, come il gioco al piede e l'occupazione territoriale. E' comunque un tecnico che non cerca alibi e si mette per primo in discussione. Sono convinto che ora, per questo gruppo, sia la persona giusta. A lui stesso, quando ci siamo sentiti, ho detto che prendeva in mano una squadra con tanto potenziale e che avrà giocatori che alla prossima Rugby World Cup arriveranno con un'età sui 26-29 anni, in grado perciò di essere nel pieno del loro momento di maturazione, con tante partite internazionali alle spalle e con un team quindi molto competitivo e in grado di vincere diversi incontri".

Ma un domani, Sergio Parisse, ora che ha intrapreso la nuova vita da allenatore, si vede sulla panchina dell'Italia?

"Non me lo sono posto come obiettivo, ma esattamente come da giocatore, voglio avere le stesse motivazioni al massimo anche da allenatore. Ho iniziato questo percorso sempre con umiltà, ma anche con grande determinazione e motivazione e spero un giorno di poter essere un grande allenatore, ben consapevole che è una cosa che dovrò essere in grado di dimostrare, e spero di vedermi sulla panchina di una nazionale. All'Italia, pur non essendo direttamente come detto il fine ultimo, non dirò mai di no e se un giorno arriverà, ne sarò estremamente felice".