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TRAGUARDO, SOGNO, SACRIFICIO

Lucia Gai
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Lucia Gai
Italia | Italia
Sabato al Principality Stadium di Cardiff, l'Italia affronta il Galles nell'ultimo turno del torneo Sei Nazioni femminile. Una giornata speciale per Lucia Gai che raggiunge i 100 caps in nazionale.

Il 27 aprile è la giornata segnata da settimane con il classico circoletto sul calendario.

Certo, ci sarà Le Crunch tra Francia ed Inghilterra a Bordeaux, il match che, come ormai da tradizione, deciderà il torneo, ma arriverà pure un momento importante per l'Italia.

Dopo Sara Barattin, che ha chiuso la sua carriera internazionale lo scorso anno contro il Galles a Parma con 116 caps, ci sarà una seconda atleta azzurra destinata a tagliare lo storico traguardo delle 100 presenze in nazionale: Lucia Gai.

Il dato è ulteriormente importante se si considera il fatto che in totale, considerando quindi anche gli uomini, sarà soltanto la decima a raggiungere la tripla cifra. Al maschile ci sono Alessandro Troncon, Andrea Lo Cicero, Martin Castrogiovanni, Marco Bortolami, Sergio Parisse, Mauro Bergamasco, Alessandro Zanni e Leonardo Ghiraldini: tutti nomi che hanno fatto la storia della palla ovale nazionale, cui si aggiungerà presto quello di Lucia, dopo Sara.

"Non ci sto pensando molto, anzi il meno possibile e cerco di rimanere concentrata sulla partita, anche se ovviamente sono contenta ed è la dimostrazione che tanti sacrifici portano ai risultati e quindi è bello arrivarci - il primo commento del pilone della nazionale e del Valsugana -. Forse ci stanno pensando più gli altri: mi sono già arrivati tanti messaggi di congratulazioni e in bocca al lupo. Non ci sono abituata, non mi piace apparire".

L'esordio nell'Italia allenata dal duo Ermolli-Granatelli nel 2009 in Svezia in Coppa Europa, azzurra numero 134, e già allora da predestinata.

"Fui convocata all'ultimo momento e quasi non sapevano in che ruolo farmi giocare e credo finii in seconda linea per quasi tutte le partite. Avevo 18 anni ed ero ancora in quarta superiore. Tra l'altro avevo anche un dito della mano rotto, ma non dissi nulla: quando vieni convocata in nazionale, di certo non vai a perdere un'occasione simile".

Una lunga e movimentata carriera, sia per club che per ruoli.

Nelle sue foto del profilo figura la bellissima cagnolina Pepita, regalo per i suoi primi trent'anni e che piange sempre ogni volta che deve lasciare casa.

La sua famiglia non riuscirà purtroppo ad essere con lei a gioire a Cardiff "che figata poter fare cento presenze al Millenium" - commenta orgogliosa Lucia -. Ma proprio con genitori e fratello condivide la passione per il rugby, nata nella "sua" Pesaro, prima di trasferirsi al Riviera, tornare nuovamente nelle Marche, dove ancora a tempo perso si allena con il club di serie A quando rientra a casa, poi Riviera, Valsugana, un'esperienza di un anno in Francia a Rennes e di nuovo Valsugana, vincendo un totale di sei scudetti, equamente suddivisi tra Mira e Padova.

"Mamma Roberta ha giocato a rugby e anche mio fratello Rodolfo, che oltre a Pesaro ha avuto pure un'esperienza a Parma, ma è stato soprattutto mio papà Francesco ad influenzarmi. Lui era terza linea e ha giocato fin oltre i quarant'anni e poi faceva il tuttofare al campo, quindi mi portava sempre lì e, un po' come tutti i figli di rugbisti, sono cresciuta al club. Poi sono figlia di infermieri, quindi dovevano tenerci costantemente occupati, per cui facevamo gli scout, due sport a testa e ne cambiavo uno ogni anno oltre al rugby, dal pattinaggio alla pallavolo, passando per basket e nuoto. All'inizio ho giocato anche come centro, poi soprattutto seconda e terza linea, mentre in nazionale Andrea Di Giandomenico mi schierava già come pilone, ruolo che invece non ricoprivo in campionato e mi ci è voluto un po' prima di riuscire ad essere schierata lì anche nelle varie società".

Si dice che in mischia capitasse di vederti piangere.

"Lo faccio quando sono arrabbiata, poi come detto l'inizio era difficile giocare in prima linea solo in nazionale e non esserci abituata, essendo impiegata in altri ruoli nei club. Quello del pilone è un lavoro abbastanza tecnico ed era penalizzante per me non poterlo fare durante l'anno, ma un po' alla volta ce l'ho fatta".

Indubbiamente molti sono i ricordi in questi quindici anni di nazionale.

"L'anno più bello rimane il 2019, quando siamo arrivate seconde vincendo l'ultima partita a Padova contro la Francia facendo quattro mete: fu una sensazione pazzesca e il momento di maggiore soddisfazione. Addirittura in settimana avevo avuto un infortunio alla caviglia ed era davvero enorme. Rimasi a riposo tutto il tempo, quasi non feci il riscaldamento e poi...fui l'unica giocatrice di prima linea in campo per tutti gli ottanta minuti".

In Galles, l'Italia giocherà per evitare l'ultimo posto contro una squadra alla ricerca del primo successo dell'anno, e con l'obiettivo di provare ad ottenere una terza piazza ancora possibile, attendendo quello che succederà al contempo a Belfast tra Irlanda e Scozia.

"Forse sarà difficile riuscire ad arrivare tra le prime tre. Il Galles finora non ha fatto molto bene, però sono in casa. Noi dovremo restare concentrate e provare a giocarcela. I problemi che ho alla spalla quest'anno non mi hanno consentito di avere molto minutaggio, ma ci sta pure partire dalla panchina ed è giusto che abbiano spazio le valide giovani che abbiamo. Mi sento un po' chioccia nei loro confronti, anche se magari alle volte, ai loro occhi, posso sembrare severa, però ci vuole ogni tanto".

Inghilterra leader e sempre favorita, ma torneo ancora una volta bellissimo.

"E' stato un Sei Nazioni combattuto, in effetti - conferma Lucia Gai -, e sono arrivate vittorie che magari non ci si aspettava. Anche per noi c'è stato uno stop inatteso contro la Scozia e naturalmente speravamo non andasse così. In questa competizione non si può mai prevedere nulla, bisogna semplicemente giocare partita dopo partita".

Cosa manca ad oggi all'Italia per tornare ai livelli di qualche anno fa?

"In mischia, aspetto che più mi compete, direi che andiamo abbastanza bene e non prendiamo mai nulla sottogamba o sottovalutiamo l'avversario. Quando sbagliamo, forse, è perché magari non riusciamo ad iniziare con il piede giusto e poi facciamo fatica a recuperare. Penso, ad esempio, al match di Parigi contro la Francia in cui siamo partite sottotono e poi è stato difficile ritrovarci nel secondo tempo".

Riavvolgendo il nastro di una lunga e straordinaria carriera, quale è stata l'avversaria più difficile da affrontare, quella che sarebbe stato meglio avere dalla propria parte?

"Mi viene in mente la fortissima Sarah Bern dell'Inghilterra, una prima linea potente come una terza e veloce come un'ala: eccezionale".

Non è ancora il momento di pensarci, però, cento presenze non sono esattamente un traguardo qualsiasi o una cosa da tutti i giorni.

A livello internazionale, oltre alla già citata Sara Barattin, ci sono soltanto sei giocatrici inglesi (l'ultima in ordine di tempo Marlie Packer, alla prima giornata del Guinness Women's Six Nations 2024, proprio contro l'Italia a Parma), una scozzese e una gallese. Insomma, anche in questa classifica, Lucia Gai entrerebbe nella Top 10.

E non va dimenticato che un vero e proprio professionismo ancora non c'è, se non nei primi passi embrionali, e in passato pertanto servivano sforzi e sacrifici notevoli per conciliare passione per lo sport, famiglia e lavoro.

"Il rugby in questi anni è cambiato tantissimo, si è evoluto molto e probabilmente è tutta un'altra cosa rispetto a quando ho iniziato. Il fatto di arrivare ai cento caps vale molto per me, anche perché una volta non si giocava poi così tanto, al massimo riuscivi a fare il Sei Nazioni e la Coppa Europa e spesso le amichevoli non vedevano il riconoscimento della presenza ufficiale. Ora magari le ragazze avranno più occasioni e riusciranno ad arrivare a traguardi del genere più velocemente. Io sono due anni che devo smettere e invece sono ancora qua".

Ci sarà di che festeggiare in un vero e proprio Super Sabato.

"Va a pennello con il fatto che è anche l'ultima giornata del Sei Nazioni, quindi in ogni caso festeggeremo, anche se c'è tempo e vedremo strada facendo. Nel frattempo, ho già pagato pegno nella nostra cassa comune delle multe, mettendo la quota da centuriona".